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236 ATTO SECONDO


Aurelia. E mi ha detto che vi è di mezzo una certa persona, che vuole ingerirsi in quello che non le tocca, e vuol fargli delle prepotenze, e vuol obbligarlo con insolenza a sposar un’altra.

Giulia. Questa persona vuol obbligarlo con insolenza?

Aurelia. Così m’ha detto, e credo sia una donna costei, e se sapessi chi è, vorrei insegnarle io, così giovane come sono, a non impicciarsi nei matrimoni, e a non pregiudicare le povere figlie, che cercano onestamente di collocarsi.

Giulia. Alle corte, si può sapere chi è questo vostro amante?

Aurelia. Sì, ve lo dico liberamente. Si chiama don Alessandro degli Alessandri. Lo conoscete?

Giulia. Lo conosco.

Aurelia. Lo conoscete! (con maraviglia)

Giulia. Oh! se lo conosco, e conosco anche suo padre, e la sposa che gli fu destinata, ed anco quella persona che con prepotenza vuol obbligarlo a mantenere il suo primo impegno.

Aurelia. Oh capperi! Ho piacer che sappiate tutto. Raccontatemi. (si accosta colla sedia)

Giulia. Vi dirò prima di tutto, esser questo per l’appunto il motivo per cui ho desiderato parlarvi.

Aurelia. Buono; oh! adesso son quasi sicura si sortir l’intento, e di far star a dovere quella illustrissima signora che mi perseguita.

Giulia. Vi dirò poi, che la sposa destinata a don Alessandro è donna Aspasia.

Aurelia. Oh! non mi fa paura.

Giulia. Vi aggiungerò che don Sigismondo, padre di don Alessandro, ha data la parola da cavaliere; che il figlio l’ha confermata; che donna Aspasia è dama di qualità...

Aurelia. Ed io, che cosa sono? I danari non fanno la nobiltà. In ordine al sangue, io non la cedo a nessuno.

Giulia. E vi dirò, per ultimo, che io sono quella persona, che non per prepotenza e per insolenza, ma per giustizia e per punto d’onore, intendo che don Alessandro abbia da sposar donn’Aspasia.

Aurelia. (Ci sono caduta io, non volendo). (si ritira colla sedia)