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IL BUON COMPATRIOTTO 355

Leandro. (Finalmente è una dama. Mio padre non ne potrà essere malcontento).

Rosina. (La saria bella che fusse vegnua per Pasquin, e che me toccasse Marforio). (partono per il burchiello)

SCENA IV.

Camera in casa di Pantalone.

Isabella e Brighella; poi un Servitore.

Isabella. No, Brighella: dica quel che vuole mio padre, non sarà mai vero ch’io lasci disporre della mia mano a dispetto del cuore. Ridolfo mi ha innamorata in Livorno, ed ho portato meco lo stesso amore, e son la stessa in Venezia, e lo sarò fin ch’io viva. Vero è che Ridolfo da Livorno partissi tre mesi prima di me, e non ebbi da lui che una lettera sola, ma mi lusingo della sua fedeltà, spero non scorderassi della sua costante Isabella; sa ch’io doveva tornar alla patria per ordine del padre mio, e ogni momento l’aspetto, e mi pare ognor di vederlo.

Brighella. (La consiglia a rassegnarsi al padre. Le dice essere il signor Ridolfo un forastiere che si dice gentiluomo napolitano, ma che non si sa bene chi sia; che è partito da Livorno, e forse si sarà scordato di lei. Che le ha scritto una sola lettera in tre mesi, e che fa male a fidarsi senz’alcun fondamento.)

Isabella. Può essere che Ridolfo m’inganni, ma non lo credo, ed io non voglio essere la prima a mancar di fede. S’egli mi abbandonasse, potrebbe darsi ch’io mi scordassi di lui, ma lo credo difficile. Ho troppo radicata questa passione nel seno. Ridolfo fu il mio primo amore, e sarà l’ultimo probabilmente.

Brighella. (Che se vedrà il signor Leandro, da lui benissimo conosciuto, le piacerà, e sarà contenta.)

Isabella. È difficile che altri possan piacermi coll’immagine di Ridolfo nel cuore impressa.

Brighella. (Mostra dispiacere di questa cosa, perchè essendo egli stato a Li-