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354 ATTO PRIMO


Rosina. In questo vi compatisco. Guai a chi lo fa senza amore.

Leandro. Per esser io pienamente contento, bisognerebbe che la sposa mia avesse le amabili qualità che voi possedete.

Rosina. Ah signore, mi fa troppa grazia. (con una riverenza)

Leandro. Mi sarà permesso in Venezia di potervi servire?

Rosina. Perchè no? Mi farà finezza, se verrà a favorirmi.

Leandro. Non son cavaliere; ma ho sempre avuta la sorte di trattar con persone del vostro rango.

Rosina. Ed io non son vaga nè di titoli, nè di grandezze. Mi piacciono le persone colte e gentili, come siete voi.

Leandro. Volesse il cielo, ch’io potessi meritare la grazia vostra!

Rosina. Ma voi andate ora a Venezia, per impegnarvi ad un matrimonio.

Leandro. Non mi ci sono ancora impegnato.

Rosina. Vostro padre vorrà essere da voi obbedito.

Leandro. L’obbedirò fino a un certo segno. Spero ch’ei non vorrà essere con me tiranno.

Rosina. E se la sposa vi piace?

Leandro. È difficile, ora che ho avuta la sorte di star un giorno con voi.

Rosina. Caro signor Leandro, sarei troppo contenta, s’io vi potessi creder sincero.

Leandro. Ah Contessa mia, ve lo giuro. I vostri begli occhi hanno avuto il potere d’incatenarmi in tal modo...

Rosina. È troppo presto, signor Leandro.

Leandro. Amore sa far prodigi. Mi ha incatenato col primo sguardo, e conoscendo che il vostro gentil costume corrisponde alla vostra bellezza...

Rosina. Via, via, basta così. Ho un cuor troppo tenero. Non mi state a dir d’avvantaggio.

Leandro. Abbiate compassione di me.

Rosina. Sono un poco stanca di stare in piedi; andiamo a seder in burchiello, se vi contentate.

Leandro. Vi servirò, se mel permettete. (le offre la mano)

Rosina. La vostra compagnia mi è carissima.