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LE SMANIE PER LA VILLEGGIATURA 27


SCENA IX.

Camera in casa di Filippo.

Filippo e Guglielmo incontrandosi.

Filippo. Oh, signor Guglielmo, che grazie, che finezze son queste?

Guglielmo. Il mio debito, signor Filippo; il mio debito, e niente più. So che oggi ella va in campagna, e sono venuto ad augurarle buon viaggio e buona villeggiatura.

Filippo. Caro amico, sono obbligato all’amor vostro, alla vostra attenzione; oggi finalmente si anderà in campagna. In quanto a me ci sarei che sarebbe un mese, e ai miei tempi, quando ero giovane, si anticipavano le villeggiature, e si anticipava il ritorno. Fatto il vino, si ritornava in città; ma allora si andava per fare il vino, ora si va per divertimento, e si sta in campagna col freddo, e si vedono seccar le foglie sugli alberi.

Guglielmo. Ma non siete voi il padrone? Perchè non andate quando vi pare, e non tornate quando vi comoda?

Filippo. Sì, dite bene, lo potrei fare; ma sono stato sempre di buon umore; mi ha sempre piaciuto la compagnia, e nell’età in cui sono, mi piace vivere, mi piace ancora godere un poco di mondo. Se dico di andar in villa il settembre, non c’è un can che mi seguiti, nessuno vuol venire con me a sagrificarsi. Anche mia figlia alza il grugno, e non ho altri al mondo che la mia Giacinta, e desidero soddisfarla. Si va quando vanno gli altri, ed io mi lascio regolar dagli altri.

Guglielmo. Veramente quello che si fa dalla maggior parte, si dee credere che sia sempre il meglio.

Filippo. Non sempre, non sempre, ci sarebbe molto che dire. Voi dove fate quest’anno la vostra villeggiatura?

Guglielmo. Non so; non ho ancora fissato. (Ah! se potessi andare con lui; se potessi villeggiare coll’amabile sua figliuola!)

Filippo. Vostro padre era solito villeggiare sulle colline di Pisa.

Guglielmo. È verissimo. Colà sono situati i nostri poderi, e vi è un’abitazione passabile. Ma io son solo, e dirò, come dite voi, star solo in campagna è un morir di malinconia.