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56 ATTO SECONDO

Eugenia. Andate, che sarete la consolazione di Pasquino.

Fulgenzio. Fa caldo oggi, mi pare. (sì alza affettando indifferenza, ma si vede che freme.)

Flamminia. (Signor Conte, vorrei pregarvi di una finezza).

Roberto. (Comandatemi).

Flamminia. (Fate mostra di aver da fare qualche cosa. Andate di là per un poco).

Roberto. (Sì, è giusto, lasciamoli in libertà). (a Flamminia) Signora Eugenia, si ricordi dei casi che possono nascere. Con licenza di lor signori. (parte)

SCENA Xll.

Flamminia, Eugenia e Fulgenzio.

Fulgenzio. E di quai casi intende di dire?

Flamminia. Chi lo sa? gli badate voi? Noi non ci pensiamo nè meno. Eugenia non lo può vedere.

Fulgenzio. Così credo ancor io.

Flamminia. Caro signor Fulgenzio, siete assai sospettoso.

Eugenia. Non parlate, sorella, che or ora lo farete dar nelle furie.

Fulgenzio. Oh, non vi è dubbio. Non vi è pericolo che mi vediate infuriare. Ho preso un altro sistema; son diventato pacifico. Non mi riscaldo più.

Flamminia. Via dunque; siate buono. Mia sorella, poverina, credetelo, vi ama di vero cuore. Io l’ho veduta piangere...

Eugenia. Non è vero. Non le credete. Lo dice a posta. (a Fulgenzio)

Flamminia. A che servono ora codeste scene? Io non le voglio assolutamente. Vado di là, perchè il signor Conte non dica. (Sorella, abbiate giudizio), (piano ad Eugenia) (Abbiate carità, signor Fulgenzio). (piano a Fulgenzio) Ah poveri innamorati! (a tutti due, e parte)