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LA GUERRA 417


mie mani l’avrete. Dissi quanto basta ad un cavaliere, che per mio genero accetto; da questo punto noi ritorniamo nemici.

Florida. Oh cieli! quai funeste nozze son queste? Ah padre mio pietosissimo, non mi fate morire di spasimo, di dolore.

Egidio. Qualunque pena che voi provate, è dovuta alla vostra imprudenza. Acconsento alle vostre nozze: ma non do lode alla vostra condotta. Una donzella nobile, una figlia di don Egidio, una prigioniera de’ miei nemici, non doveva aprir il cuore agli affetti, mentre sudava il padre fra l’armi. La fortuna di aver incontrato in un amante nobile e valoroso non è vostro merito; e vi poteva lusingare un affetto indegno, come vi allettò una fiamma non indegna del sangue nostro.

Florida. Deh scusate, signore, la debolezza, l’incontro...

Egidio. Non chiedo scuse; voglio obbedienza.

Florida. Comandatemi.

Egidio. Venite meco.

Florida. Dove?

Egidio. Al castello.

Florida. Fra l’armi?

Egidio. Sì, fra l’armi.

Florida. Esposta mi volete ai pericoli?

Egidio. Maggiori saranno quelli di vostro padre e del vostro sposo. Seguitemi.

Faustino. Signore, abbiate riguardo al sesso, all’etade, alla complessione. (a Egidio)

Egidio. Il sesso, l’età, la complessione di donna Florida ha d’uopo di migliore custodia. Provvedo in tal modo al mio decoro e alla vostra quiete. Se avete animo da cavaliere, qual siete, non vi lagnate delle mie giuste, delle mie oneste deliberazioni (a Faustino) E voi seguitemi senza dimora. (a donna Florida)

Faustino. E come vi sarà permesso condur la figlia in castello?

Egidio. Non ci pensate. Mandai a chiedere al generale l’assenso.

Faustino. Non so che dire. Siete arbitro del di lei volere.

Florida. Mi abbandonate al mio crudele destino? (a Faustino)

Faustino. Obbedite ai comandi del padre.