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472 ATTO TERZO
Ridolfo. Se non rido di cor, possa morire.

Parlaste con Felicita?
Fabrizio.   Parlai,
E mi ha fatto alla prima intirizzire:
Disse che il ballo non apprese mai.
Che sarà come un ceppo; orsù alle corte,
I cento scudi che gli anticipai.
Ridolfo. Oh quanto mai son le fanciulle accorte!
Quanto gli uomini sono (tali e quali)
Baggiani in vita, e babbuassi in morte!
Felicita ha gli umori matricali:
Quando sente propor la dipartenza,
Le vengono d’intorno cento mali.
Vi ha burlato, signore, in coscienza;
Ella vi ha detto non saper ballare,
Ed il ballo lo sa per eccellenza:
Se la vedrete, vi farà incantare.
Ha un piede svelto come una cervetta,
Ed ha una gamba che fa innamorare.
Ha il ginocchio disteso; e non difetta
Nè di ciccia soverchia, nè di poca,
Mostrando in ciò proporzion perfetta.
Il collo non ha lungo come un’oca;
Ma ritondetto, e se vedeste come
L’occhio e la testa, quando balla, giuoca.
Sono vezzose in lei fino le chiome;
Vi assicuro non passano due anni,
Che risuona per tutto il di lei nome.
E i Francesi, e i Spagnuoli, ed i Brittanni
Per averla daran mille zecchini,
E tutto il mondo metterà in affanni.
E voi, che si può dir per sei quattrini
L’avete avuta, sentirete il chiasso
Che ne faranno i vostri cittadini.
Io vi consiglio non muovere un passo.