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158 ATTO TERZO
Marinetta.   Fermeve. (lo vuol trattenere)

Bortolo.   Voggio andar via. (come sopra)
Marinetta.   Ascoltene.
(lo fermano)
Bortolo. Lassarne andar. (si scuote)
Marinetta.   Tegnimolo.
Bortolo.   Gnanca co le caene.
(si libera dalle donne, e nel fuggir via urta nel tavolino e lo getta in terra, e fa cadere anche il signor Luca.)
Luca. Cossa xe stà? (in terra)
Marinetta.   Sior pare! (lo aiuta ad alzarsi)
Luca.   Oi. (alzandosi)
Marinetta.   S’alo fatto mal?
Luca. Come?
Marinetta.   S’alo macca?
Luca.   Cossa?
Felice.   (Mo che coccal!)1
(da sè)
Luca. Ho magna un pochettin, m’aveva indormenzà.
Diseme, cara fia, come songio cascà?
Marinetta. El xe sta un accidente.
Luca.   Cossa?
Marinetta.   El gatto xe sta. (forte)
Luca. El gatto? O malignazo! alo magnà el stuffà?
Chi èla questa? (accenna Felice)
Felice.   Son mi.
Luca.   Siora?
Felice.   El sa pur chi son.
Luca. Malignazo quel gatto; m’ho indolentrà un galon2.
Voggio andarme a sentar; a star in piè me stracco.
Fia mia, mandeme subito a tor un taccomacco3.
Cossa? (a Felice)

  1. Stolido, balordo. Cocal propriamente è il gabbiano o mugnaio, bestia stupida: V. Boerio.
  2. Fianco: Patriarchi e Boerio.
  3. «Cerotto di tacca macca»: Patriarchi. V. Boerio.