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94 ATTO QUINTO
Emilio.   Eh, questo ci s’intende.

Notaro. Invan col testamento divider si pretende.
Tutto di queste donne è il capitale e il frutto.
Pasquina. Noi non ci dividiamo.
Sandrina.   E noi vogliamo tutto.
(Facciam bene la parte?) (piano al nolaro)
Notaro.   (Benissimo. Tacete).
(piano a Sandrina)
Conte. Prendetevi ogni cosa. Se l’eredi voi siete,
Vano sarà il litigio. Non son sì sfortunato,
Se ricca è mia germana, se ricco è mio cognato.
A voi mi raccomando. Se voi mi abbandonate,
Torno a cadere al fondo delle miserie andate.
Quel provvido governo che aveste nel pensiero
Degli interessi miei, sol per amor sincero,
Cambiate soccorrendomi in amorosa cura,
Per legge d’amicizia, per legge di natura.
(a Livia e a don Emilio)
Livia. Degg’io, quando sia sposa, dipendere da lui.
Emilio. Deve pensar ciascuno agl’interessi sui.
La dote ed il legato non fanno una ricchezza:
Pensar dobbiamo ai figli, pensare alla vecchiezza.
Voi siete un uom di spirito, sano, robusto e forte;
Fra l’armi vi consiglio cercar la vostra sorte.
Felicita. (Ingratissima gente!)
Conte.   Ecco nel mio destino
Mi abbandona ciascuno. Ah fedel Bigolino,
Tu che sincero e fido dicesti ognor d’amarmi.
Vieni il padron tu stesso a seguitar fra l’armi.
Bigolino. Io alla guerra, signore? Domandovi perdono:
Avvezzo, lo sapete, a faticar non sono.
Se andate a militare, io vi darò il buon viaggio;
Mi spiace non potere servirvi d’avvantaggio.
Ecco il sensal, che chiede le robe che ha portate.