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522 ATTO QUARTO
Policarpio. È vero, io lo confesso, siete un gran cavaliere.

Questa buona fortuna incontro con piacere.
Ma lo sa la figliuola?
Duca.   Di lei mi comprometto.
Spero non mi ricusi.
Policarpio.   (Sì, Moschin me l’ha detto).
Ma perchè, signor Duca, meco non ispiegarvi,
Piuttosto che con altri parlare e confidarvi?
Perchè le tabacchiere donar furtivamente?
Perchè venir di sera?
Duca.   Signor, non so niente.
Policarpio. Oh via, lasciamo andare. Quello ch’è stato, è stato.
Duca. (Temo dal Cavaliere d’essere soverchiato). (da sè)
Policarpio. Ho inteso il genio vostro. Parlerò alla figliuola.
Duca. Non vi è tempo da perdere. Datemi la parola.
Policarpio. Ma perchè su due piedi?
Duca.   Perchè se ciò si sa,
Vostra moglie, signore, opponer si vorrà.
Odia la vostra figlia, quanto odiar si può mai.
Per questo il mio pensiere finor dissimulai.
Da donna Petronilla a dir più volte ho udito,
Che in vano donna Barbara puote sperar marito.
Ch’ella assolutamente comanda in questo tetto,
E che dovrà invecchiare fanciulla a suo dispetto.
Policarpio. Ed io non conto nulla?
Duca.   Signor, se il ver vi dico,
Vi domando perdono. Voi non istima un fico.
Policarpio. Oh cospetto di bacco! farò veder chi sono.
Taccio, taccio, ma poi anch’io cangierò tuono.
Non vuol che si mariti? Non vuole ad onta mia?
Non mi calcola un fico? Cosa crede ch’io sia?
Volete la figliuola?
Duca.   Non ve la chiedo in vano.
Policarpio. Barbara sarà vostra.
Duca.   Davver?