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422 ATTO QUARTO

SCENA II.

Felicita e poi Valentina.

Felicita. Non cedo a Valentina anch’io nel saper fare.

Siam figlie di una madre che ci potea insegnare.
Onde col buon esempio che in vita sua ci ha dato.
La buona inclinazione abbiam perfezionato.
Valentina. Che fate qui, sorella?
Felicita.   È un’ora che vi aspetto.
Valentina. Sono stata col vecchio.
Felicita.   Ove si trova?
Valentina.   In letto.
Ogni dì dopo pranzo dorme due ore almeno.
Felicita. Dunque sei per due ore in libertade appieno.
Valentina. Sì, quando per la rabbia non si destasse in pria.
Credo che in questa casa il diavolo ci sia.
Hanno le due sorelle mangiato da sè sole;
Il vecchio inviperito veder più non le vuole.
E la maggior di loro, che meco è indiavolata,
A forza in un ritiro doman sarà cacciata.
Felicita. Buon per te che sen vada quella superba e scaltra.
Ma perchè non procuri sia chiusa anche quell’altra?
Valentina. Rosina è assai più buona, e senza la germana
Meco l’avrei trovata condiscendente e umana.
Anzi perchè non dicano di me quel che hanno detto,
Vo’ maritar Rosina, vo’ farlo per dispetto.
Io so ch’è innamorata di un giovane onorato,
Di un giovane innocente che Ippolito è chiamato.
Da me verrà fra poco, l’ho detto al padron mio,
E mi ha dato l’arbitrio di far quel che voglio.
E quella signorina che meco è sì orgogliosa,
Fremerà nel vedere che la germana è sposa.
Felicita. E tu, cara sorella, quando vuoi maritarti?
Valentina. Lo farò, ma vi è tempo.
Felicita.   Eh, dovresti spicciarti.