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462 ATTO PRIMO


un giorno di bene. Disse Ippocrate: Ars longa, vita brevis; ed il Petrarca, seguendo il sentimento del Greco autore, disse anch’egli: Lunga è l’arte d’amor, la vita è breve. Dunque se così dissero questi grand’uomini.... Non mi ricordo più di cosa si discorreva.

Placida. Voi principiaste a dirmi....

Sigismondo. Sì sì, ora me ne ricordo. Voleva dirvi, che dovreste sollecitare a nuovamente rimaritarvi.

Placida. Per ora non penso a questo. Vorrei dar stato a donna Luigia.

Sigismondo. Chi è donna Luigia?

Placida. Vi siete scordato sì prestamente....

Sigismondo. Eh, me ne ricordo benissimo. È vostra germana. Volete dunque dar stato a vostra germana?

Placida. Sì certo; ella mi sta nel cuore. È giovane di buona grazia, piena (non fo per dire) di ottime qualità. Ha dello spirito e della avvenenza, e quello che si calcola più di tutto, si è un fondo di bontà inesplicabile, ed una tale modestia, che quantunque ella abbia del talento non poco, non ne fa la menoma ostentazione. E non è poco, al dì d’oggi, trovare una fanciulla di garbo, non è egli vero, signore? (scuotendolo dall’astrazione)

Sigismondo. Son qui, signora mia; volete tabacco? Servitevi.

Placida. Che sì, che non avete capito niente di quello che fin ora vi ho detto?

Sigismondo. Perdonatemi. Ho sentito che avete principiato l’elogio della germana. Ma poi mi è venuto in mente un fattor di campagna, che mi ha rubato duemila scudi.... Per esaltare il merito della germana, bastava che mi diceste ch’ella somiglia a voi.

Placida. Oh, le farei troppo torto, se così dicessi. Ella mi supera di gran lunga in spirito e in avvenenza.

Sigismondo. È una cosa mirabile, sentire una sorella esaltare cotanto il merito d’un’altra. So di averla veduta, ma alla sfuggita; non ho avuto tempo di ammirare le qualità straordinarie, che voi le attribuite. Quasi, quasi vi pregherei...