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408 ATTO QUARTO
Sordido internamente, in apparenza amico,

Satirico in distanza, adulator sul fatto;
Scrocco di prima riga. Ecco il vostro ritratto, (parte)

SCENA IV.

Don Isidoro, poi don Sigismondo.

Isidoro. La vedova garbata mi presentò uno specchio;

Ma quel ch’entra per uno, va fuor per l’altro
orecchio.
Vada, che se la porti il diavol maladetto;
Ma s’ella resta in casa, ci verrò a suo dispetto.
Sigismondo. O di casa.
Isidoro.   O di casa, si dice in una stanza?
In sala non si aspetta? È nobile l’usanza.
Sigismondo. La civiltà, signore, la so al pari d’ognuno.
A basso, sulle scale, in sala non vi è alcuno.
È ver che in altro loco dovevasi chiamare;
Ma son venuto innanzi, così, senza pensare.
Chi siete voi per altro, che vuol rimproverarmi?
Isidoro. Sono amico di casa. Vi prego di scusarmi,
Se ho detto quel che ho detto. Signor, chi domandate?
Quando servirvi io possa, chiedete e comandate.
Sigismondo. Cerco di donna Placida.
Isidoro.   Fummo finor qui insieme.
A me svelar potete quel che da lei vi preme.
Io son di donna Placida l’amico, il confidente.
Senza di me la vedova mai non risolve niente.
Anzi con me, per dirvela, poc’anzi ha consigliato
Sulla proposizione di prender nuovo stato.
Fra lo sposo e il ritiro risolta ancor non è,
E può la nuova scelta dipendere da me.
Volete che le parli? per voi posso far nulla?
Sigismondo. (Non è da disprezzarsi la giovane fanciulla), (da sè)