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92 ATTO TERZO


villeggianti, perchè di già vi burlano, e correte pericolo di perdere la vostra quiete e la vostra riputazione.

Libera. Grazie del buon avviso. Se lo tenga per lei.

Menichina. Eh signora, si vedono i difetti degli altri, e non si conoscono i suoi.

Lavinia. Intendo quel che vogliono dire queste due buone donne. Mi vogliono rimproverare qualche mia debolezza. Per quanto abbia studiato celarla, qualche cosa si è traspirato. Voi, don Paoluccio, ne foste causa.

Paoluccio. Vi domando perdono. Castigatemi, che lo merito. Privatemi della vostra grazia. Cedo il posto a don Mauro, ed io colla mia costanza di animo soffrirò quest’ultimo dispiacere.

Lavinia. Volete dire, che v’importa di me, come di donna Florida. Don Paoluccio, vi consiglio mutar paese e mutar costume, o voi sarete il ridicolo delle nostre conversazioni. Qui s’apprezza la vera costanza, quella che in una nobile servitù è l’unico prezzo della fatica. Ero io disposta a serbarvela eternamente, voi m’insegnaste a mutar pensiero. Non vi lagnate che di voi stesso, se lasciandovi in quella libertà che mostrate desiderare, consacrerò in avvenire tutte le mie oneste attenzioni, tutte le mie nobili brame, al virtuoso don Mauro.

Paoluccio. Costanza d’animo, non mi abbandonare.

Lavinia. Ecco terminata la nostra Villeggiatura: sarebbe stata assai più piacevole, se le gelosie, se i puntigli non l’avessero intorbidata; comunque stata ella sia, potrà dirsi felice, se onorata sarà dagli umanissimi spettatori di un clementissimo aggradimento.

Fine della Commedia.