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LA VILLEGGIATURA 51


Riminaldo. Vien gente, mi pare.

Libera. Oh andiamo, andiamo, che non ci vedano. Padrone, la ringrazio tanto. Verrà a ritrovarmi; questa sera l’aspetto. (a don Riminaldo, e parte)

Riminaldo. A rivederci.. (alla Libera)

Menichina. Grazie. La riverisco. (a don Eustachio)

Eustachio. Vogliatemi bene. (alla Menichina)

Menichina. Tanto, tanto. (parte)

SCENA V.

Don Eustachio e don Riminaldo, poi don Gasparo.

Eustachio. Son godibili queste donne. Vi ringrazio del gallone, che a tempo mi avete dato; ditemi il valor suo, che intendo di soddisfarvi.

Riminaldo. Ve lo dirò un’altra volta. Quando vengo in villa, porto sempre in tasca qualche cosa da regalare a costoro.

Eustachio. Esse a noialtri darebbono il cuore.

Riminaldo. Ma che cosa vogliamo fare di questo selvatico?

Eustachio. Io non saprei. Possiamo darlo in cucina.

Riminaldo. Ecco don Gasparo. Doniamolo a lui, che ci faremo un poco d’onore.

Eustachio. Sì, sì, lo gradirà, ora che c’è un forestiere.

Gasparo. Avete veduto il paggio?

Eustachio. Qui non l’abbiamo veduto.

Gasparo. Non si trova più il disgraziato.

Riminaldo. Signor don Gasparo, compatite l’ardire. Ci permetterete di mandar in cucina questo po’ di selvatico.

Eustachio. È poco, ma compatirete.

Gasparo. Vi ringrazio.

Riminaldo. Eccolo. Voi ve ne intenderete.

Eustachio. Siete cacciatore; conoscerete se è buono.

Gasparo. Certo, son cacciatore; lo conosco, e conosco benissimo che queste pernici e queste beccaccie le ho ammazzate io questa mane con il mio schioppo. Come le avete avute?