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L'AVARO 423


Fernando. Signora... Egli è appunto che a voi mi manda.

Eugenia. (Sarebbe bellissima la novità). (da sè) Che cosa vi ha egli detto di dirmi?

Fernando. Vuole che io vi sveli... che se finora ho taciuto... (Mi mancano le parole.) (da sè)

Eugenia. (È così senz altro. Mio suocero sempre più impazzisce! Un giovane soggetto al padre? nel mezzo degli studi suoi? sarebbe un precipitarlo). (da sè)

Fernando. (Pare che mi abbia inteso. E mi lusingo dagli occhi suoi che non mi disprezzi). (da sè)

Cavaliere. Questi segreti non sono ancor terminati?

Fernando. Non ancora, signore. (al Cavaliere)

Eugenia. Venite, cavalieri, venite. Don Fernando non ha che un complimento da farmi. Suo padre lo richiama in Mantova, ed egli ch’è un figliuolo saggio e prudente, conosce i doveri suoi, vuol partir subito, ed è venuto per congedarsi. So che in Pavia ha un amoretto che lo trattiene, e inclinerebbe ad unirsi colla persona ch’egli ama: però riflette da se medesimo, che nell’età in cui si trova, dee pensare a terminar i suoi studi, e non a perdersi col matrimonio. Vede egli benissimo, che il padre suo ne sarebbe scontento, ed un figlio unico non dee rendere così trista mercede al genitore che l’ama. Ha risoluto dunque di partire. Io lo stimolo a farlo, e voi lodatelo per così onesta risoluzione.

Fernando. (Senza ch’io parli, ho avuto la mia risposta.) (da sè)

Cavaliere. Bravissimo, don Fernando, mi consolo di vedervi in una età ancor tenera così prudente.

Fernando. Obbligatissimo alle grazie vostre. (al Cavaliere)

Conte. Fuggite, don Fernando, fuggite subito. Voi non sapete a che conduca l’amore.

Fernando. Grazie del buon consiglio. (al Conte)

Eugenia. Fatelo di buon animo, e consolatevi. Tanto più ch’io posso assicurarvi, che la donna che voi amate, vi stima, ma non vi ama. (a don Fernando)