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366 ATTO QUINTO
Fabrizio. Credo vi piacerà.

Gasparina. Zelo un palazzo?
Fabrizio. È una casa civile.
Gasparina. Gh’è riva in caza? tegniremio barca?
Fabrizio. Che ne volete fare?
Gasparina. Almanco a un remo;
O che zemo, zior barba, o che no zemo.
Fabrizio. Son pur sazio di voi, la mia figliuola!
Andiam. (ai facchini)

SCENA II.

Il Cavaliere e detti.

Cavaliere. Signor Fabrizio, una parola.

Fabrizio. (Ecco un altro disturbo.) Che comanda?
Cavaliere. Servitore di lei.
(mostra salutare Fabrizio, e saluta Gasparina)
Fabrizio. La riverisco.
Gasparina. Gli zon zerva, zignore.
Fabrizio. Ora capisco. (accorgendosi di Gasparina)
Entrate in quella casa. (ai facchini, quali entrano)
E voi, signora, se vi contentate,
A unir le robe vostre principiate.
Gasparina. Zerva zua. (salutando il Cavaliere)
Fabrizio. Mia padrona.
Cavaliere. A voi m’inchino.
Fabrizio. Un’altra volta a me?
(al Cavaliere; poi s’avvede che si salutano a motti con Gasparina.)
Bravi, me ne consolo.
Subito andate via di quel poggiuolo.
Gasparina. (Ze me podezze maridar!) (in atto di partire)
Fabrizio. (Bellissima!) (da sè)
Gasparina. (Anca me bazterave ezzer luztrizzima.)
(da sè, e parte)