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264 ATTO QUARTO


SCENA XII.

Donna Livia e Cecchino.

Cecchino. (Se questi due si univano, dir francamente ardisco,

Che da sì bel consorzio nasceva il basilisco.) (da sè)
Livia. Cecchino.
Cecchino.   Mia signora. (Qualche novello imbroglio). (da sè)
Livia. Che disse don Rinaldo nel leggere il mio foglio?
Cecchino. Ma! se ascoltar non vuole...
Livia.   Vo’ che mi narri il tutto.
Cecchino. (Del cavalier bisbestico or si conosce il frutto.) (Ja sè)
Lo lesse attentamente.
Livia.   Quando gliel’hai recato,
L’accolse con piacere?
Cecchino.   Con piacer.
Livia. L’ha baciato?
Cecchino. Baciar non lo poteva, chiuso com’era ancora.
Livia. Quando finì di leggerlo, l’ha poi baciato allora?
Cecchino. Per dir la verità, non l’ho veduto.
Livia.   Ingrato!
Dimmi presto, che avvenne? l’ha il crudel lacerato?
Cecchino. Nemmen.
Livia.   Lo lesse tutto?
Cecchino.   Tutto.
Livia.   Più d’una volta?
Cecchino. Parmi due volte almeno; indi mi disse: ascolta.
Di’ alla tiranna mia....
Livia.   Alla tiranna! e intanto
Dagli occhi gli vedesti cader stilla di pianto?
Cecchino. Umido aveva il ciglio.
Livia.   Se lo sapea di certo,
Che piangere dovea sol che l’avesse aperto.
Che t’inculcò di dirmi?
Cecchino.   Dille, mi disse afflitto.
Che amore in queste note il mio destino ha scritto.