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NOTA STORICA

Questa sfortunata commedia fu recitata la prima sera della stagione comica autunnale 1755, subito dopo l’Introduzione. L’autore avrebbe voluto dar prima i Malcontenti, che a Verona nell’ estate erano «andati», a dire il vero, «malissimo», e a Venezia potevano riuscir bene, grazie all’arguta satira del Chiari; ma proprio per questo il Magistrato contro la Bestemmia, a cui spettava la sorveglianza e censura dei teatri, oppose tali difficoltà, che il Goldoni scriveva a S. E. Franc. Vendramin, certo nel novembre di quell’anno: «Ho pensato di far la prima sera la Buona famiglia. I comici l’applaudiscono e la credono buona» (C. G. e il teatro di S. Luca ecc. con pref. e note di D. Mantovani, Milano, 1885, p. 74). Dalla lettera precedente a questa si rileva come fin dal principio di agosto la commedia fosse già scritta e mandata alla compagnia di S. Luca, la quale recitava nella Rena di Verona (l. c. 68-9). Ma nell’ottobre avveniva la fuga dei coniugi Gandini, di cui qualche sospetto era trapelato agli orecchi del Goldoni e del Vendramin (l. c., lett. del 3 ag. 1755): e il teatro restò d’improvviso senza la prima donna. Sottentrò la Bresciani, più o meno apertamente (v. Introduz.), e fu assunta una nuova attrice. «In detta commedia» aggiungeva Goldoni al Vendramin, alludendo alla B. f., «la seconda donna non ha gran parte; e questo è bene, per veder meglio che cosa si può sperare». Costei nell’Introduzione chiamasi Angiola; ed è forse quel «personaggio nuovo» «reclutato per necessità», del quale dice ridendo l’autore nella prefazione «che Dio lo benedica e gli faccia fare qualche altro mestiere».

Certo è che la compagnia di S. Luca, inferiore fin da principio a quella del Medebach, colpita l’anno avanti dalla morte del Rubini e dell’Angeleri, ora fatta più debole per l’abbandono di Teresa e Pietro Gandini, si trovava scompigliata e depressa: e il pubblico per contro, come suole accadere, dovette mostrarsi diffidente e severo. La Buona famiglia cadde in malo modo e non risorse più. Dell’esito infelice scrisse Amedeo Svajer, il noto raccoglitore di memorie veneziane, a Gasparo Gozzi, ch’era a Pontelongo, nel Padovano, presso il Proc. Foscarini; e il Gozzi, rispondendogli ai 9 di ottobre, attribuiva con errore stranissimo la colpa dell’insuccesso all’uso della prosa invece del verso: «Ho della stima pel signor Goldoni, e non glielo nego; ma egli s’è ostinato a credere che la prosa faccia effetto sulla scena, ed oggi è passato quel tempo ecc.» (A. Meneghelli, Del monum. eretto a G. Gozzi colla giunta di alcune lettere, Padova, 1836, p. 33. — Falsamente Ach. Neri, Aneddoti gold., Ancona, 1883, p. 8, e Maria Ortiz, Commedie esotiche, Napoli, 1905, p. 48, credono la lettera diretta a Marianna Mastraca). Quanto