Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1911, XII.djvu/405


LA BUONA FAMIGLIA 399

disse essere un galantuomo, che viene per un affare di premura grande, e che in due parole la spiccia subito.

Costanza. Viene per un affare di premura grande?

Lisetta. Sentirlo lui, è una cosa che preme all’eccesso.

Costanza. (Volesse dirmi qualche cosa di mio marito?) (da sè) E mi spiccia presto, dice?

Lisetta. In due parole.

Costanza. Non saprei... che passi.

Lisetta. Benissimo.

Costanza. È tornato il signor Fabrizio?

Lisetta. Non signora. Se torna, che non gli dica niente del signor Raimondo?

Costanza. Anzi gliel’hai da dire. E che venga subito: sei pure sciocca.

Lisetta. Ma io, quanto più mi studio far bene, fo sempre peggio. (parte)

SCENA III.

Costanza, poi Raimondo.

Costanza. Può anche darsi ch’egli venga da me per le gioje sue, che con i cento scudi alla mano voglia ricuperarle.

Raimondo. Permette la signora Costanza...

Costanza. Scusi di grazia, se l’ho fatta un po’ trattenere. A quest’ora, chi è alla direzione della casa, ha sempre qualche cosa che fare. I figliuoli non sanno stare senza di me; ciò non ostante, sentendo ch’ella ha qualche cosa da comandarmi, non ho voluto mancare.

Raimondo. Nè io son qui per incomodarvi. Favoritemi, in grazia. È egli vero dunque che mia moglie ha dato a voi in ipoteca un paio di pendenti e un anello, per l’imprestito di cento scudi?

Costanza. Verissimo.

Raimondo. Potrei aver io il piacere di vederle coteste gioje?

Costanza. Signore, se vi basta vederle, non ho difficoltà di rendervi soddisfatto.