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LA BUONA FAMIGLIA 397


Lisetta. È vero, signora; ma le femmine che vengono solamente per questo, non cercano, pare a me, di parlar al marito di nascosto della consorte.

Costanza. Quello sciocco di Nardo non ha inteso bene. Ha detto ella, e lo so di certo, che bastavagli rappresentare le premure sue al padrone, senza incomodar la padrona.

Lisetta. Ma perchè serrarla nello studiolo?

Costanza. Chi ha detto a voi, che l’ha serrata nello studiolo? Non può essere entrata ella là dentro per sottoscrivere un qualche foglio; per far qualche ricevuta, qualche ordine di pagamento? Lisetta, a quel ch’io vedo, voi siete stanca di viver meco. Cento volte v’ho detto, che mi ristuccano ragionamenti simili fatti così all’impazzata; e poi ve ne fo scrupolo grande, grandissimo, che quando non si san di certo le cose, non si dicono e non si credono. Mio marito non ha mai dato uno scandalo, e non è capace di darlo. La signor’Angiola è persona onesta; e se voi non castigherete la lingua, se non regolerete il pensare, non solo escirete di questa casa, ma non farete mai bene; poichè, figliuola mia, la riputazione che in un momento si toglie, in mille anni non si restituisce più intera.

Lisetta. Ma io diceva questo perchè...

Costanza. Già mi avete capito, e non occorre mi replichiate.

Lisetta. Compatisca per questa volta; non dirò più, signora.

Costanza. Mi pare abbiano picchiato all’uscio di strada.

Lisetta. Andrò a vedere. (Con tutto questo non credo niente io. Può ben dir che non dica, ma che non pensi poi! Bisognerebbe che mi facesse cambiar la testa). (da sè, e parte)

SCENA II.

Costanza, poi Lisetta che torna.

Costanza. Pagherei la metà del mio sangue, che non si potesse dir da costoro quello che pur troppo ragionevolmente si dice. In questo mondo non si può godere felicità. Finora ho avuto lo spasimo de’ figliuoli; ora che sono allevati, e grazie al cielo