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LA BUONA FAMIGLIA 385


Angiola. Favorisca seder ella pure.

Fabrizio. Non importa; sto bene in piedi.

Angiola. In verità mi dà soggezione. M’alzo anch’io dunque.

Fabrizio. Via, per compiacerla sederò.

Angiola. So che stamattina è stato da vossignoria mio marito.

Fabrizio. Sì signora, è vero.

Angiola. E gli ha portato certe gioje in pegno, per dugento scudi.

Fabrizio. Verissimo.

Angiola. Pare a lei, signor Fabrizio, che sieno queste azioni onorate d’un marito, che va a impegnare le gioje della consorte?

Fabrizio. Per me non saprei; ma direbbe il signor Raimondo: pare a voi che sieno azioni buone di una moglie, che va a impegnare i pendenti e gli anelli, senza licenza di suo marito?

Angiola. Chi ha detto a voi, che tali cose sieno da me state impegnate?

Fabrizio. Stupisco che me lo domandiate; signora, non ha la moglie da comunicare al marito le azioni sue? Non ha tardato un momento a dirmelo la signora Costanza.

Angiola. (Bacchettonaccia del diavolo! così mantiene la sua parola?) (da sè)

Fabrizio. Ma tanto io che mia moglie siamo persone oneste, e non v’è dubbio che dalla bocca nostra si sappia.

Angiola. Ne son certissima. Conosco bene il carattere del signor Fabrizio: un uomo che si può dire il ritratto della bontà e della gentilezza.

Fabrizio. Oh signora, non dica tanto.

Angiola. Tutti quelli che hanno avuto l’incontro di trattare con voi, non si saziano di lodare la vostra gentil maniera.

Fabrizio. La prego; so che non merito...

Angiola. Ed io non ho mai avuto questa fortuna, che la desiderava tanto.

Fabrizio. In che la posso servire?

Angiola. E ora trovo anche più in voi di quello mi fu dagli altri rappresentato.

Fabrizio. (Principia un poco a seccarmi). (da sè)