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I MALCONTENTI 299


Grisologo. Se l’avessero lasciata finire, si sarebbe replicata dieci volte almeno.

Ridolfo. M’immagino che il buono sarà stato nel fine.

Grisologo. La faceva terminare con questi versi. Se gli uditori non erano statue, conveniva per forza che la facessero replicare. Sentite, se si può dire in modo più obbligante, più tenero, più convincente:

Ecco, uditori, il fine dell’opera piacevole:
L’onor, la gloria, il merlo fra noi fu vicendevole.
Da noi aveste in dono il grande e l’ammirabile.
Noi ricevemmo in cambio l’aggradimento amabile.
Dell’umile poeta vadan gli applausi all’etera:
Battete e ribattete mani, piedi etcetera.

Ridolfo. Poteva darsi che avessero battuto, ma se poi la sera dopo non andava gente al teatro, era peggio.

Grisologo. Per me era meglio. I comici, a loro dispetto, avrebbono dovuto confessare che la commedia aveva incontrato.

Ridolfo. E vi avrebbono pagato i dodici zecchini?

Grisologo. Dodici zecchini? Che cosa sapete voi di dodici zecchini?

Ridolfo. Caro amico, le cose si sanno. Ma non vi prendete soggezione di me. Sappiate che io pure sono nel caso vostro. Senza trovar denaro, non posso andare in campagna.

Grisologo. Resteremo qui tutti dunque.

Ridolfo. Se avessi io uno zio ricco come il vostro, so bene che, per amore o per forza, ne vorrei certo delli denari.

Grisologo. Se sapessi il modo.

Ridolfo. Egli finalmente maneggia il vostro. In quello scrigno vi è la parte di vostro padre e la parte vostra.

Grisologo. È verissimo; ma come ho da fare?

Ridolfo. Se foss’io in luogo vostro, vorrei aprirgli lo scrigno, e prendermi la parte mia.

Grisologo. Mi consigliate a farlo dunque?

Ridolfo. Io non vi consiglio a farlo, vi dico quello che per me farei.