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384 ATTO QUARTO
Sei tal, che per la colpa sei della vita indegno.

Vuoi tu ferirmi, audace? Vuoi bere il sangue mio?
Eccoti il petto inerme, ecco te l’offro anch’io.
Strano sarà che in Londra un uom cotanto ardisca;
Esclamano le leggi, che ogni uccisor perisca.
E se morir non temi, pur ch’io cada svenato,
Ferisci questo seno, carnefice spietato.
Come! tu tremi? Abbassi per non mirarmi il ciglio?
Vergognati, paventa per te maggior periglio.
Temi che ad ugual colpo ti renda il ciel soggetto;
Ma non avrai, crudele, la mia costanza in petto.
(Basta così, mi sembra il misero atterrito.
Troppo dissi. L’offesi; quasi ne son pentito).
(Si accosta, gli prende la mano, gliela bacia umilmente, e parte senz’altro dire, entrando nella bottega del libraio.)
Milord. (Osserva un poco Jacobbe, e mostrandosi compunto, parte anch’esso senza parlare.

Fine dell’Atto Quarto.