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LA DONNA DI TESTA DEBOLE 177


femo pase, che bevemo un boccal de vin. Sì ben, porto lettere, fazzo ambassade: son un mezzan. Vardè quando che i dise, se precipita delle volte per no capir.

Argentina. Ecco la padrona.

Traccagnino. Me dispiase che la sia vegnuda. Principiava a chiapparghe gusto. Ma se vederemo.

SCENA XIII.

Donna Violante e detti.

Violante. Chi è costui?

Argentina. È uno, signora, che vi ha da dare una lettera.

Traccagnino. Eccola qua. Se la me vol dar la risposta, starò attendendola. (le dà la lettera)

Violante. Questa lettera è stata aperta. (a Traccagnino)

Traccagnino. Mi no crederave.

Violante. Qui vi manca un pezzo di carta. Chi l’ha strappata?

Traccagnino. Via, gh’è tanto mal per un pezzo de carta? Se la vol carta, ghe ne porterò un quinterno.

Violante. Tu l’hai stracciata?

Traccagnino. L’ho strazzada mi1. Ma son galantomo, e quel tocco de carta ghe lo pagherò.

Violante. (Costui è uno sciocco. Vediamo s’è vero che in questo foglio vi sia una satira). (legge piano)

Traccagnino. (L’è molto avara la vostra padrona), (ad Argentina)

Argentina. (Oibò, v’ingannate. Vedendo la lettera aperta, si è messa in qualche sospetto).

Traccagnino. (Eh gnente. L’ho rotta mi per causa del rosso...)

Violante. (Leggendo piano, esclama per la lettera, e Traccagnino crede che dica a lui) Indegno!

Traccagnino. Via, no l’è mo sto gran delitto! (a donna Violante)

Violante. A me un’ingiuria di questa sorta? (come sopra)

  1. Così Pasquali, Zatta ecc.; nell’ed. Pitteri si legge: L’ho stracciata io.