Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VIII.djvu/516

500 ATTO TERZO

SCENA XV.

Florindo sulla porta, e dette; poi Pantalone e Brighella.

Florindo. Sì che ci sono, ingrata.

Rosaura. Che temerità è la vostra?

Beatrice. Presto. Torna il signor Pantalone. (a Florindo

Florindo. Perfida! Mi vendicherò. (entra e chiude

Rosaura. Voi siete una traditrice.

Beatrice. Io?

Rosaura. Sì, me n’anderò. (s’avvia per partire

Beatrice. Io faccio per far bene, e mi strapazzano.

Pantalone. Dove andeu? (a Rosaura

Rosaura. Nella mia camera, signore.

Pantalone. Stè qua, cara fia.

Rosaura. Permettetemi...

Pantalone. Via, voggio che stè qua.

Rosaura. Obbedisco.

Pantalone. (Poverazza! La xe quaccia co fa un polesin1). E cussì, contème la vostra desgrazia. (a Brighella

Brighella. Ma! Cossa vorla che ghe diga! I m’averà porta via el valsente de vinti o trenta mille ducati.

Beatrice. Cala, cala.

Brighella. Cala, cala? Ghe giera diamanti de sta posta2.

Beatrice. Ma come diavolo li ha fatti questi diamanti?

Brighella. Come? Col so ballar, colla so virtù. Care le mie vissere! Ogni volta che la faceva el ballo della pellegrina, la gente a gara ghe buttava dai palchi zecchini, diamanti, scatole, relogi, de tutto.

Beatrice. Gli orologi si saranno rotti.

Brighella. Cara ela, la tasa, che no la sa gnente.

Pantalone. Basta... Adesso, come sarala?

Brighella. Adesso... No so cossa dir; caro sior patron, me raccomando alla so protezion.

  1. Si mette a terra, come un pulcino. [nota originale]
  2. Di esorbitante grandezza. [nota originale]