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LA MOGLIE SAGGIA 445


aiuterà con amor. Vien con mi, fia mia, vien a star con mi, e no te dubitar, e non aver paura de gnente. Andemo a Roma, dove che gh’ho casa e negozio. Se là al sior Conte ne vorrà tettar de mazo1, anderemo a Venezia. Anca là gh’ho casa, parenti e capitali. Fin che vivo, ti starà con mi. Co sarò morto, ti sarà parona de tutto. Ti viverà civilmente, e ti sarà una regina.

Rosaura. Ah signor padre, prima di consigliarmi ad una simile risoluzione, pensateci meglio. Avete confessato voi stesso aver errato nel darmi lo sposo: nello staccarmi da lui, badate di non far peggio.

Pantalone. No, fia mia, no fazzo mal a far sta resoluzion, a levarte dalle man d’una bestia indomita, che tratta con ti, come se ti fussi una so nemiga.

Rosaura. Io sono stata sempre rassegnata e obbediente ai vostri voleri. Non ho mai opposto ragioni ai vostri comandi. Ma ora permettetemi, che vi dica ciò che mi detta il mio cuore e la presente mia condizione. Io son moglie del conte Ottavio, ed ho acquistato quel grado di nobiltà che ha saputo innamorare voi stesso. Questa nobiltà deve essere un bene assai grande, se voi siete stato sollecito in procurarmelo, e avete arrischiato tutto per questa sola ragione. Io per altro considero un bene maggiore nell’acquistata nobiltà, che forse voi non considerate. Se il cielo mi concederà dei figliuoli, saranno nobili veramente, ed io averò la consolazione di averli dati alla luce, e voi giubilerete mirando in essi il maggior frutto delle vostre premure. Dovrei dunque perder io questo bene, farlo perdere ai miei figliuoli, per il solo motivo di non soffrire? Ditemi, signor padre, chi è al mondo che qualche male non soffra? Figuratevi i disagi della povertà, i dolori dell’infermità. Il cielo che mi libera da tai travagli, mi vuol mortificare col poco amore di mio marito. Pazienza! Sarà segno che io non merito di essere amata. Segno che il cielo mi vuol oppressa per questa

  1. Disturbare. [nota originale]