Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1910, VII.djvu/316

304 ATTO SECONDO

Garzia. (Eh, si deluda). (da sè) Orsù, volete la mano? Eccola, venite qui.

Beatrice. No, da qui non mi scosto. Eccovi la mia destra.

Garzia. (Già nessuno mi vede). (da sè) Tenete.1 (le dà la mano)

SCENA XVII.

Pantalone, Brighella e detti.

Pantalone. Eccolo qua. (a Brighella, additando don Garzia)

Brighella. Presto, signor tenente. (a don Garzia)

Garzia. Vengo, lasciatemi. (vuol liberarsi da Beatrice)

Beatrice. Signori, questo è il mio sposo. (tenendolo per la mano)

Pantalone. Me ne rallegro.

Brighella. Presto, che la compagnia marcia. (a don Garzia)

Garzia. Si passa per di là? (a Pantalone, liberandosi da Beatrice)

Pantalone. Sior sì.

Brighella. La vegna con mi. (a don Garzia)

Garzia. Oh donna indiavolata! (parte con Brighella)

Beatrice. Avete inteso, signor Pantalone, il tenente è mio consorte.

Pantalone. Poi esser che la resta vedoa la segonda volta.

Beatrice. Non ho pianto la prima, non piangerei nemmeno la seconda. (parte)

Pantalone. Sì, quando una vedoa pianze, no se sa, se la pianze dal dolor o dall’allegrezza.

Fine dell’Atto Secondo.



  1. Segue nell’ed. Pap.; «Beatr. Siete Voi mio sposo? Garz. Sì, presto, aprite. Beatr. Mi giurate la fede» Garz. Sì, presto».