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desimo ad annojarmi; pure, se volea che le mie Commedie fossero sulle scene sofferte, mi convenia, mio malgrado, seguitare la stucchevole cantilena. La seguitai per quattr’anni, ma tosto che io mi accorsi che andavansi gli uditori stancando, ritornai alla prosa, ed ebbi il fortunato incontro di prima. Ecco dunque il perchè nella mia presente edizione mi son proposto di convertire in prosa quelle Commedie, alle quali conosco mal convenire il verso, e che in grazia del fanatismo pei versi, ho dovuto io medesimo sassinare. Soffranlo in pace que’ pochi che tuttavia ne fossero appassionati, e si contentino ch’io non li privi affatto di un tal piacere, lasciandone alcuna in verso, come originalmente da me fu scritta. Questa è una di quelle ch’io non ardisco tradurre in prosa, per le ragioni addotte nella suddetta epistola dedicatoria al Maffei; e benchè sia la prima che io ho composta in tal metro, è forse di tutte la più tollerabile, e la meno sagrificata alla schiavitù della rima.