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Pantalone. Più tosto, se l’affar xe longo...

Ottavio. Datemi da sedere.

Pantalone. Subito, lustrissimo. Cossa vol dir? no la pol star in pie per la debolezza, n’è vero? Poveretto. La se senta, la se comoda. (El casca dalla fame). (da sè)

Ottavio. Lelio è stato al mio palazzo a baciarmi la mano, e siccome è un giovane che gode la mia protezione, mi ha confidato esser egli innamorato della vostra ragazza. Gli ho fatto dare la cioccolata, ed intanto mi ha raccontato tutta la cosa com’è andata. Mi ha pregato che io ve ne parli, e per consolarlo, trattandosi poi che siamo in villa, coll’occasione che sono passato da questa parte, avendovi anche da discorrere di un’altra faccenda, vengo io in persona a chiedervi la vostra figliuola per lui.

Pantalone. Resto attonito de sto boccon d’onor che me fa el lustrissimo sior Ottavio. El vien elo in persona a domandarme mia fia. Za che semo in villa, che el gh’aveva occasion de passar de qua, e che el m’ha da discorrer d’un’altra faccenda: de resto un signor de sta sorte no se saria degnà di incomodarse per questo.

Ottavio. Ah, siamo in villa. E così, cosa mi rispondete?

Pantalone. Premendome de sollevarla presto dall’incomodo, perchè gh’ho un pochetto da far, ghe dirò che no son in stato de dar mia fia...

Ottavio. Come! A un uomo del mio carattere darete voi una negativa? Io mi abbasso a domandarvi la figlia, e voi me la negate?

Pantalone. Me la domandela per ela, o per el sior Lelio?

Ottavio. Per me? Vostra figlia per me? Povero vecchio, vi compatisco. Ve la domando per Lelio. Lelio è uomo ricco e uomo civile. Chi ve la chiede per lui son io, e non potete negarla.

Pantalone. Basta, parlerò con mia fia, sentirò se la se contenta.

Ottavio. Vostra figlia è contenta, ve n’assicuro io.

Pantalone. Cossa sala ela?