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di Ser Ticucculia ecc. In Bengodi, s. a., p. 28). E un altro a ribattere: «io rispondo, che il Moliere, o sia maritato, o no, è la stessa persona... che il primo a prendere dalla Vita del M. è stato il Semiterenzio; il Poeta incastrato [Chiari] il secondo: dunque l'incastrato imitò Semiterenzio nel prendere dalla Vita del Moliere». (ivi). Si difese alla meglio anche il Chiari nelle Osservazioni critiche mandate innanzi alla sua commedia, concedendo a bocca stretta che obbligato a «fabbricare sul vecchio» s’era dovuto adattare «alle fondamenta e alle mura... già erette». Aveva dovuto conservare i caratteri stessi e tutt’al più «modificarli ed accomodarli» al suo intento. Poi, per levarsi un po’ la stizza di dosso, finì col dir male del Moliere goldoniano. Ma non egli aveva saputo far meglio. Tutt’altro. Per metter in scena solo le smanie d’un marito geloso era necessario dar noia a Poquelin? Un Ottavio o un Lelio qualunque bastava. Con tutto ciò la commedia ebbe fortuna, sia per una relativa semplicità di svolgimento, se anche non del tutto scevra delle solite stravaganze chiaresche, sia — questa la ragione più salda — per il nome del protagonista. Sopravvisse anzi alle numerose compagne e la Comp. R. Sarda l’ammise nel suo repertorio con la sorella goldoniana (Costetti, op. cit., p. 15). Fu tradotta in tedesco (M. oder Der eifersüchtige Ehemann. 1768; in Neues Theater von Wien. Wien. Krauss, 1769 —, vol. II), e a un critico di Germania sembra oggi ancora più divertente che non quella del Gold. (Landau, Gesch. d. ital. Litt. im XVIII. Iahrh., Berlin 1899. p. 430). Non perchè imitazione dal Goldoni, ma perchè opera attribuita a un suo caldissimo partigiano [S. Sciugliaga; cfr. Spinelli. Fogh ecc. p. 67] e tra i parti poetici più curiosi della gara tra il Riformatore e il Chiari ricordiamo ancora a questo luogo Le nozze involontarie della signora Commedia Italiana col signor conte Popolo (Ferrara, 1755), pesantissima commedia allegorica che ha tra i suoi simbolici personaggi — unico nome reale — Moliere.

Il Moliere si trova nelle note raccolte del Fraporta (Scelta di comm. di C.G.Ediz. terza. Lipsia, 1790, vol. IV, p. 87 e segg), del Montucci (Scelta completa [!] di tutte le migliori comm. di C. G. ecc. Lipsia 1828, vol. I, p. 197 e segg.) e singole scene, corredate di ottime note, si leggono nelle Antologie del Targioni -Tozzetti (Ant. d. poes. ital. 11a ediz. curata da F. C. Pellegrini. Livorno, 1909, pp. 723-725) e di R. Guastalla Ant. goldon. Livorno, 1908, pp. 41-47). Antonio Montucci, senese spirito bizzarro (cfr. l’artic. di F. Romani. Per riguardo alla moglie inglese, nel Marzocco del 31 ott. 1909), mutava a suo arbitrio il num. degli atti, traduceva in toscano le parti in dialetto, correggeva Goldoni per la lingua e per la morale, e se la commedia, come questa, era in versi — tanto peggio per i versi. Dalla presente tolse qualche francesismo sostituendovi le voci italiane «benchè non senza scapito dell’armonia poetica» (p. 198) e al doppio senso, evidente nella risposta d’Isabella: «Egli non mi ha veduta, Signora, altro che questa», alla domanda della madre «a voi chi diè licenza venire in questi quarti | A farvi da Moliere veder le vostre parti?», rimediò il brav’uomo dicendo: «ma riveduto» ecc. Del modo inaudito onde manometteva Goldoni, il compilatore venne acerbamente redarguito in una lunga e pensata recensione alla sua Scelta nell’Allgemeine Literatur - Zeitung del 1829 (IV vol. col. 995 e segg.).

Come di ragione, dato il soggetto, il Moliere in Francia fu tra le com-