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Pantalone. Basta, la se trattegna un pochetto, se no la gh’ha pressa, tanto che vaga a far certi conti con un mio conispondente; e tornerò da ela, e discorreremo.

Dottore. Son qui; non parto, se non tornate.

Pantalone. Torno subito. (Voggio prima parlar coll’Olandese, e po qualcossa risolverò). (da sè) Gh’ala i bezzi con ela?

Dottore. Sì, li ho qui in tanto oro. Li porto sempre meco, per paura che non me li rubino.

Pantalone. Stimo assae, che el se porta adosso quel peso.

Dottore. Lo porto volentieri. L’oro è un peso che incomoda niente affatto.

Pantalone. (Povero diavolo! El me fa compassion. Se fusse un omo senza conscienza, ghe faria perder in t’un momento quel che per tanti anni l’ha procurà de avanzar). (da sè, via)

Dottore. Glieli darò al sei e mezzo per non tenerli più in tasca, perchè mi pesano; e in casa non mi fido. Ma quando li troverò di darli al sette, li leverò al signor Pantalone, e li darò a chi ne averà più bisogno. Intanto ch’egli torna, voglio contarli. Ieri sera mi parve che ci fossero due zecchini di più. Non vorrei perderli, se fosse la verità. (tira fuori la borsa, versa il denaro sul tavolo, e si mette a contare) Oh che bell’oro! Oh che bei zecchini! E pure li ho fatti tutti a tre o quattro lire alla volta. Tanti medici che ne sanno meno di me, hanno per paga zecchini e doppie, ed io povero sfortunato non ho mai potuto avere più di un ducato, e ho dovuto contentarmi sino di trenta soldi. Eppure ho fatto due mille ducati: a forza di mangiar poco, bevere acqua, o tirar qualche mancia dalli speziali.

SCENA V.

Pantaloncino, Lelio e detto.

Pantaloncino. Vegnì qua, compare, che vederemo se ghe xe el cassier.

Dottore. (Copre col mantello i denari sul tavolino.)

Lelio. In ogni maniera bisogna ritrovare questi trenta zecchini.