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LA DAMA PRUDENTE 65

Conte. Sono amico di don Roberto, come voi. Servo donna Eularia, come voi, e non pretendo nè di esser solo, nè di scacciar nessuno.

Marchese. A poco a poco, andate scacciando me.

Conte. Voi v’ingannate.

Marchese. Dopo che voi servite donna Eularia, ella non mi fa la metà delle finezze che mi faceva prima.

Conte. Perchè credete ch’ella non ve le faccia?1

Marchese. Per causa vostra.

Conte. Mentite.

Marchese. A me una mentita?

Conte. Sentite, giuro da cavaliere, che da donna Eularia altre finezze non ho esatte e non ho pretese, oltre l’onore di darle braccio, di servirla al giuoco, di accompagnarla in carrozza; e niente più, son certo, non avrete ottenuto voi.

Marchese. Siete certo?

Conte. Sono certissimo.

Marchese. Dove fondate la vostra sicurezza?

Conte. Sul carattere della dama.

Marchese. Io non pretendo oltraggiare la dama, parlo nei limiti dell’onestà; ma ho ricevute da lei di quelle distinzioni che voi non avete, e non meritate di avere.

Conte. Di quelle distinzioni che io non merito d’avere? Con chi credete parlare?

Marchese. So con chi parlo, e so come parlo.2

Conte. Voi parlate da temerario.

Marchese. Giuro al cielo. (pone mano)

Conte. In casa di una dama? (pone mano)

Marchese. Venite fuori.

  1. Segue nell’ed. Pap.: «March. Perchè le farà a voi. Cont. Sentite, giuro da cavaliere ecc.».
  2. Così continua e finisce la scena nell’ed. Pap.: «A me temerario? Eh, giuro al cielo, pone mano. Cont. In casa di una dama? March. Venite fuori. Cont. Ricordatevi ch’ella ci ha raccomandato il di lei onore. March. Sfuggite di battervi? Siete un vile. Cont. Andiamo a batterci fuori delle porte della città. March. Eh, qui dove nessuno ci vede. Cont. Non è azione da cavaliere. March. Eh vile, codardo... Cont. Se un indegno mi provoca, sono obbligato a difendermi, si battono»