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466 ATTO SECONDO

Eleonora. (Ah pettegola, gliel’ha detto). (da sè)

Checca. La diga, la diga, come lo porla dir?

Beatrice. A me lo ha detto Angioletta sartora.

Checca. Tocco de frasconazza! Anzoletta l’ha dito? Cussì se parla de una putta della mia sorte? Lustrissime. (parte)

SCENA VII1.

Eleonora e Beatrice.

Beatrice. Cara amica, voi avete detto ogni cosa.

Eleonora. Io? Oh, non ho parlato.

Beatrice. Colei come lo sa?

Eleonora. Non saprei dirlo. Io non faccio pettegolezzi. Voi l’avrete detto a qualchedun altro.

Beatrice. Io! Oh, non parlo con nessuno.

Eleonora. Ma lasciamo queste freddure. Or ora aspetto il signor Lelio, e siccome in casa vostra ho goduto una bella scena, voglio che voi ne godiate una simile in casa mia.

Beatrice. Eccolo. Facciamo le sostenute.

Eleonora. Sì. Mostriamoci disgustate. Sediamo. (siedono)

SCENA VIII2.

Lelio e dette.

Lelio. E permesso ch’io possa dedicar a loro l’umilissima servitù mia? (lo salutano con la testa, senza parlare)

Lelio. (Sono sdegnate). (da sè) Sono a chiedere scusa a lor signore, se sono partito un poco alterato.

Eleonora. Guardate questo ricamo. Vi piace? (fa vedere a Beatrice i suoi manicotti)

Beatrice. Sì, sono ben fatti.

Lelio. Le supplico.

Beatrice. Quanto costano? (ad Eleonora)

Eleonora. Poco. Due zecchini.

  1. È unita, nell’ed. Bett., alla scena precedente.
  2. Sc. VII nell’ed. Bett.