Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, VI.djvu/352

340


un’eccessiva collera, fui da esso opportunamente avvisato che mi sovrastava la morte. Mi suggerì il rimedio; corsi alla speziaria, e fui costretto cadere. Presi il rimedio da lui ricordatomi; e sono quasi rimesso. Egli in Gaeta ha fatto il medico. Io l’ho creduto un impostore, ma ora dico esser egli un uomo di garbo, il quale oltre le varie altre virtù, possiede quella della medicina.

Conte Portici. Un accidente non lo può autenticare per medico.

Conte di Brano. E non abbiamo prova maggiore per crederlo un impostore.

Guglielmo. (Vardè, quando che i dise. La paura l’ha fatto squasi morir).

Vice Re. E voi, signor Marchese, che dite di questo forastiere?

Marchese. Io l’ho pregato venire a casa mia, e non l’ho veduto.

Guglielmo. La me perdona; non ho podesto, perchè son sta chiamà dove che la vede.

Marchese. Sappiate, signor Guglielmo, che ho communicata la vostra idea ai miei avvocati, e tutti l’applaudiscono, e condannano la direzione degli altri. Anzi penso di domandare la remissione, e voi sarete il principal direttore.

Guglielmo. Grazie dell’onor che la me fa.

Vice Re. Signor Conte, che dite voi?

Conte Portici. Dico che egli ha incantato tutti. D. Filiberto l’aveva in casa, e lo ha discacciato. Ecco D. Filiberto, chiedete ad esso il perchè.

SCENA XVII.

Don Filiberto e detti.

Filiberto. Signore, se io ho tenuto in casa per quattro mesi quel forestiere, l’ho fatto non conoscendolo, ma se egli è in digrazia vostra, se ha qualche malanno addosso, io non ne so nulla, e subito che mi è stato dato da questi signori qualche indizio, non ho tardato un momento a licenziarlo.

Vice Re. E in ricompenza d’averlo licenziato, il signor Guglielmo ha ottenuto la grazia di essere voi direttore di una novella carica.

Filiberto. A me? (al Vice Re)