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L'INCOGNITA 147

SCENA VIII.

Ridolfo e detti.

Ridolfo. Chi è questo signore? (ad Eleonora)

Eleonora. Egli è il signor Ottavio del Bagno.

Ridolfo. Oh signore, vi riverisco. Il cielo mi offre opportunamente l’occasione di conoscervi, in tempo che della vostra assistenza ho estrema necessità.

Lelio. (Che diavolo sarà mai?) (da sè) Eccomi pronto a servirvi. Comandatemi.

Ridolfo. Contessa, la vostra infelice Rosaura è carcerata.

Eleonora. Oimè, che sento!

Lelio. Dov’è carcerata Rosaura?

Ridolfo. In queste carceri del Governatore.

Eleonora. Per quale cagione?

Lelio. Io, io la libererò. (La fortuna mi offre l’occasione di farla mia). (da sè)

Ridolfo. Io ho saputo la cosa confusamente... Mi dicono che un certo Lelio... Vi è nessun che ci senta? (osservando la porta)

Lelio. No, no, non vi è nessuno: parlate.

Ridolfo. Un certo Lelio bravone, impertinente... (si guarda intorno per paura)

Lelio. (Ah vecchio disgraziato!) (da sè)

Ridolfo. Un figlio di un mercadante, che inquieta il paese, che solleva il popolo, che vive di prepotenza... (guarda come sopra)

Lelio. (Or ora lo bastono). (da sè)

Ridolfo. Costui ha tentato rapir Rosaura. Gli è sortito di farlo. Fu sorpreso con essa in questa istessa osteria, e la povera giovane è carcerata.

Eleonora. E di quel temerario che cosa avvenne?

Lelio. (Maledetta!) (da sè)

Ridolfo. Non lo so. I birri lo volean prendere, e dicono si difendesse; spero che l’averanno ucciso.

Lelio. (Or ora non posso più trattenermi). (da sè, freme)

Ridolfo. Signore, vedo che voi fremete all’udire simili iniquità.