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428 ATTO PRIMO


sidero per moglie e l’ho fatta chiedere al signor Pantalone. Egli, col pretesto che la figlia è ammalata, non la vuol maritare, onde per questo desidero sapere come sta di salute.

Onesti. Vi dirò, signore, ella sta bene e crede di star male.

Lelio. Caro signor dottore, ve la raccomando.

Onesti. Assicuratevi ch’io farò il mio dovere.

Lelio. Vorrei pregarvi d’una grazia.

Onesti. Dove posso, comandatemi.

Lelio. Quando andate a visitarla, favoritemi salutarla da parte mia.

Onesti. Mi maraviglio di voi; di questa sorta d’uffizi non s’incaricano i pari miei. Io faccio il medico, e pratico nelle case unicamente per esercitare la mia professione. Io non m’introduco negli affari domestici; non fo il consigliere, non fo l’economo, e molto meno il mezzano. (parte)

SCENA VI.

Lelio ed Agapito.

Lelio. Capperi! questo signor dottore porta alta la sua professione. Il dottore Merlino non avrebbe avuto tante difficoltà. Bisognerà assolutamente che io mi serva di qualche mezzo per coltivar la signora Rosaura. Una figlia unica di un padre ricco merita tutta l’attenzione di un uomo che brama fare la sua fortuna. (parie)

Agapito. (S’avanza) Sia ringraziato il cielo! Il signor dottore dell’acqua pura se n’è andato; se tutti facessero così, starei fresco. Acqua pura? Almeno avesse ordinato che gli mettessi dentro quattro semi di zucca, che avrei messo a libro: Per emulsionem quattuor seminum frigidorum maiorum, paoli tre.

SCENA VII.

Pantalone e detto.

Pantalone. Sior Agapito riverito.

Agapito. Oh signor Pantalone riveritissimo, padron mio stimatissimo, servitor suo umilissimo.