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LA FINTA AMMALATA 425

Fabrizio. Sì, signore, un garzone di stalla.

Agapito. Uh! gran premura per un garzone di stalla! (siede)

Fabrizio. È pregata mandargli questo medico. (forte)

Agapito. Ecco lì, prendete il signor dottore Merlino.

Fabrizio. È buono veramente? Perchè l’ammalato è mio fratello.

Agapito. Sì, sì, per un garzone di stalla è buono.

Fabrizio. Signore, la vita di un garzone di stalla vai quanto quella del suo padrone.

Agapito. Vi manda il padrone; ho capito. Signor dottore Merlino, andate a visitare questo garzone di stalla.

Merlino. (S’alza) Andiamo pure. (Se questa fosse una buona cura, non mi manderebbe al certo; ma convien pigliare quello che viene). (da sè)

Tarquinio. Galantuomo, se vi è bisogno del chirurgo, son qua io.

Fabrizio. Non lo so. Gli è venuta la febbre con uno svenimento.

Tarquinio. Svenimento? Vi vuol sangue; è vero, signor dottore? vi vuol sangue.

Merlino. Andiamo, e lo vedremo.

Tarquinio. Tutto il male vien dal sangue.

Merlino. Se vi sente il signor Agapito, state fresco! Manco male ch’è sordo.

Tarquinio. Sì, egli vorrebbe che invece di cavar sangue, si caricassero gli ammalati di pillole e di sciroppi. (parte)

Merlino. Ognuno procura tirar l’acqua al suo mulino. (parte)

Fabrizio. Il cielo me la mandi buona. (parte)

SCENA III.

Agapito solo, leggendo.

Si prevede che il Gran Can de’ Tartari, posto in gelosia di un tal matrimonio, si armerà alle frontiere del suo paese... Non vedo l’ora che venga il dottor Buonatesta. Questo foglietto non l’avrà avuto; non ha egli le corrispondenze che ho io. Oh, ecco qui il dottor Onesti. Questi è un galantuomo che sa, ma scrive poco; non è buono per una spezieria...