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son volubile. Si son cambiate le circostanze, onde ho dovuto cambiarmi ancor io. Quando era povera, Lelio non la poteva sposare, ed io la prendevo per amore e per compassione. Adesso che è ricca, torna a correre il primo impegno, e tutte le leggi, e del Foro e dell’onestà, vogliono che sposi Lelio, il quale non l’ha ceduta mai per mancanza d’amore, ma per estrema necessità. Io ho fatto il mio dovere, ella deve fare il suo. Impari da me a vincere e superare la passione. Signora Rosaura, le ho voluto un gran bene, e pure per salvar l’onestà, per non tradire un amico, ho tutto sagrificato all’idolo dell’onore. Ho sposato una giovane che merita amore, e col tempo riconoscerò il suo merito e il mio dovere. Si determini anch’ella a sposare il signor Lelio, e vergognamoci tutti due della nostra debolezza passata, e facciamo che un atto di giustizia, scancellando la memoria de’ nostri amori, renda più nobile e più glorioso il trionfo della nostra virtù.

Lelio. (Ha parlato da Cicerone). (da sè)

Rosaura. Oimè! Tra la morte di mio padre e le inaspettate parole vostre, non so in qual mondo mi sia.

Florindo. Si regoli con prudenza, e tutto anderà bene.

Rosaura. Crudele! Voi mi abbandonate?

Florindo. Sono stato obbligato a dover sposare la signora Beatrice.

Beatrice. Sì, è stato obbligato dall’amore a sposarmi, malgrado i tentativi che fatti avete per rapirmelo.

Rosaura. Ma che farò misera e sola, senza uno che m’aiuti, che mi consigli?

Florindo. Ecco qua il signor Lelio. Egli l’aiuterà e la consiglierà.

Rosaura. Lelio sarà meco sdegnato.

Lelio. No, cara, non ho ragione d’esserlo; sarò vostro, se mi aggradite.

Rosaura. L’ho a sposare nel momento che muore mio padre? (a Florindo)

Florindo. Gli prometta, confermi la promessa, il resto poi si farà col tempo.

Rosaura. Oh cieli!