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PAMELA 29


tesoro! Che massime indegne di voi! Che minacce indegne di me! Tenete il vostro denaro1, denaro infame, denaro indegno, che vi lusingava esser da me anteposto all’onore. (pone la borsa sul tavolino) Signore, il mio discorso eccede la brevità2, ma non eccede la mia ragione. Tutto è poco quel che io dico e quel che dir posso, in confronto della delicatezza dell’onor mio; che però preparatevi a vedermi morire, prima che io ceda ad una minima ombra di disonore. Ma oh Dio! Farmi che le mie parole facciano qualche impressione sul vostro bellissimo cuore. Finalmente siete un cavaliere ben nato, gentile ed onesto: e malgrado l’accecamento della vostra passione, avete poi a comprendere ch’io penso più giustamente di voi; e forse forse voi arrossirete di aver sì malamente pensato di me, e godrete ch’io abbia favellato sì francamente con voi. Milord, ho detto. Vi ringrazio che mi abbiate sì esattamente mantenuta la vostra parola. Ciò mi fa sperare che abbiate, in virtù forse delle mie ragioni, cambiato di sentimento. Lo voglia il cielo, ed io lo prego di cuore. Queste massime delle quali ho parlato, questi sentimenti coi quali mi reggo e vivo, sono frutti principalmente della dolcissima disciplina della vostra genitrice defunta; ed è forse opera della bell’anima, che mi ascolta, il rimorso del vostro cuore, il riscuotimento della vostra virtù, la difesa della mia preziosa onestà. (si avvia verso la porta della sua camera)

Bonfil. (Resta sospeso senza parlare.)

Pamela. (Cielo; aiutami. Se posso uscire, felice me). (apre ed esce)

Bonfil. (Resta ancora sospeso, poi si pone a passeggiare senza dir nulla; indi siede pensieroso.)

SCENA VII.

Jevre e detto.

Jevre. Signore.

Bonfil. Andate via. (alterato)

Jevre. È qui, signore...

  1. Nell’ed. Bettin. segue qui subito la didascalia: (pone la borsa ecc.).
  2. Bett.: la promessavi brevità.