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IL VERO AMICO 363

Rosaura. Sì, sì, comanda ella, passi.

Colombina. (Chi mai l’avrebbe detto, che a questa vecchia avesse a toccare un giovine di quella sorte? A me non arrivano di queste buone fortune).1 (parte)

SCENA IX.

Rosaura e Beatrice.

Beatrice. Il signor Florindo ha d’andare a Venezia per certi suoi interessi, e vorrà sollecitare le nozze; onde, cara Rosaura, credo sarò sposata prima di voi.

Rosaura. Avrò piacere. (con ironia)

Beatrice. Verrete alle mie nozze?

Rosaura. Sì, ci verrò.2 (come sopra)

SCENA X.

Florindo e dette.

Florindo. (Come? Qui la signora Beatrice?) (da sè)

Beatrice. Venite, venite, signor Florindo, non vi prendete soggezione. La signora Rosaura è nostra amica, e presto sarà3 nostra parente.4

Rosaura. Che vuol dire, signor Florindo? La mia presenza vi turba? Impedisco io che facciate delle finezze alla vostra sposa? Per compiacervi, me n’anderò.

Florindo. No, senta...

Rosaura. Che ho da sentire? Le dolci parole che le direte?5 Se l’impazienza di rivederla vi ha qui condotto, non ho io da esser testimonio de’ vostri amorosi colloqui...

Florindo. Non creda che sia venuto...

  1. Pap. ha invece: (Queste due signore si vogliono un gran bene).
  2. L’ed. Pap. continua: «Beatr. Lo dite colla bocca stretta. Ros. Avete il cuor nello zucchero, voi che siete la sposa. Beatr. Eccolo, eccolo. Non è bellino? Ros. (Costei non la posso soffrire). da sè».
  3. Paper.: e quasi.
  4. Paper. aggiunge: «Fior. (Sono in un brutto impegno). da sè».
  5. Segue nell’ed Pap.: Ciò a me non conviene; se l’amore che avete per la signora Beatrice, se l’impazienza di rivederla ecc.