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274 ATTO SECONDO

Beatrice. Vi sono delle persone che giuocano. Voglio parlarvi che nessuno mi senta.

Florindo. Giuocano?

Beatrice. Sì, giuocano, traditore! Così m’ingannate?

Florindo. Io non v’inganno. Vi dirò tutto. Zitta per amor del cielo, non mi fate svergognare al casino. Ditemi, vi è un bel banco?

Beatrice. Ho veduto dell’oro assai.

Florindo. Il banco vince, o perde?

Beatrice. I puntatori vincono.

Florindo. E io, quando metto, perdo sempre. Vi sono de’ bravi puntatori?

Beatrice. Non ci perdiamo in simili bagattelle. Giustificatevi, se potete. Provatemi non esser vero che abbiate ad altra donna promesso.

Florindo. (Ora se giuocassi, sarebbe la mia fortuna! Se vincessi cento zecchini, potrei ricuperare la pioggia). (da sè)

Beatrice. Voi non mi rispondete?

Florindo. (L’onor mio vuole ch’io arrischi tutto, per comparir galantuomo). (da sè)

Beatrice. La vostra confusione m’assicura della vostra reità.

Florindo. Trattenetevi per brev’ora, e vi farò vedere che la mia confusione non procede per avervi mancato di fede. (parte)

SCENA VIII.

Beatrice, poi Rosaura.

Beatrice. Chi sa dirmi qual senso abbiano le parole di questo perfido?

Rosaura. (Non posso più trattenermi; la gelosia mi trasporta. Finalmente è una donna, posso arrischiarmi di parlar seco). (esce mascherata dalla camera, dove erasi ritirala)

Beatrice. Chi è mai questa maschera?

Rosaura. Signora, perdonate l’ardire: sapete voi dirmi dove sia andato il signor Florindo?