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L'AUTORE

A CHI LEGGE1.


P
OTRÀ ciascheduno riconoscere facilmente aver io tratto l’argomento della Pamela da un graziosissimo Romanzo Inglese, che porta in fronte lo stesso nome; e chi le carte ha lette di tal Romanzo, vedrà sin dove ho seguitata la traccia del Romanziere, e dove ho lavorata con invenzione la favola.

Il premio della virtù è l’oggetto dell’Autore Inglese; a me piacque assaissimo una tal mira, ma non vorrei che al merito della virtù si sagrifìcasse il decoro delle Famiglie. Pamela, benchè vile ed abbietta, merita di essere da un Cavaliere sposata, ma un Cavaliere dona troppo al merito di Pamela, se non ostante la viltà de’ natali, la prende in isposa. Vero è che in Londra poco scrupolo si fanno alcuni di cotai nozze, e legge non vi è colà che le vieti, ma vero è non meno, che niuno amerà per questo che il figliuolo, il fratello, il congiunto sposi una bassa femmina, anzichè una sua pari, quantunque sia più di questa virtuosa quella e gentile. Il Romanziere medesimo arma gli sdegni di Miledi sorella dell’affascinato Milord, sul dubbio ch’egli discenda ad isposare una serva, e crede alla famiglia ingiuriosissime tali nozze, come le credo io altresì, ad onta del contrario costume.

O non doveva l’Autore Inglese, secondo me, disputare su tale articolo, o lo doveva risolvere con più decoro della sua Nazione.

Piacque a me immaginare una peripezia avvantaggiosa per li due Amanti, e cambiando la condizion di Pamela, premiar la di lei virtù, senza oltraggiare il puro sangue di un Cavaliere, che al pari degli stimoli dell’amore, quelli ascolta eziandio dell’onore.

Sembra che ciò in Italia stato sia dall’unanime consenso degli ascoltatori approvato, e certamente fra noi sconvenevole troppo riuscito sulle nostre scene sarebbe il matrimonio di un Cavaliere colla

  1. La seguente avvertenza fu stampata la prima volta nel t. I (1753) dell’ed. Paperini.