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IL CAVALIERE DI BUON GUSTO 163

Florindo. Oh che caro signor zio!

Ottavio. Testa di legno! Avete la sposa al fianco e non le dite quattro dolci parole? Sì! Che caro signor zio! Che caro signor nipote! Gioventù scipita! Vedete, cara donna Eleonora, che cosa è la gioventù dei giorni nostri? E per questo a me piace la mezza età. Cara la mia mezza età! (a donna Eleonora)

Servitore1. Illustrissimo signor Conte; la signora contessa Beatrice ha mandato l’ambasciata, dicendo che l’ora è tarda e che li aspetta a pranzo.

Ottavio. Sì, andiamo, signora donna Eleonora, facciamo una burla a mia cognata, venite anche voi.

Eleonora. Non vorrei che questa burla spiacesse alla contessa Beatrice.

Ottavio. O piaccia, o dispiaccia, si mangia nelle mie camere. Signora Marchesina, volete venire con noi?

Eleonora. Oh! a una fanciulla non è lecito!

Ottavio. Sì, dite bene. Una fanciulla a una tavola! Oh no certo! Io non voglio fanciulle, voglio donne di mezz’età. (verso donna Eleonora)

Rosaura. Sicchè, signora zia, ella anderà, ed io resterò sola.

Eleonora. Che volete ch’io vi faccia? Voi non potete venire.

Rosaura. Pazienza! resterò sola.

Eleonora. Non voglio ricusare le grazie del conte Ottavio.

Rosaura. Bene, andate, io resterò sola. (Bella convenienza), (da sè)

Florindo. Signor zio, potrei restar io a tener compagnia alla signora Rosaura? (ridendo)

Ottavio. Oh che giovine di garbo! Ci restereste2 volentieri?

Florindo. Se potessi.

Ottavio. Si sveglia3 mio nipote. Ci starete, ci starete. Andiamo, non facciamo aspettare i nostri commensali.

Eleonora. Marchesina, abbiate pazienza.

Ottavio. Nipote, servite la signora donna Eleonora.

  1. Comincia nell’ed. Bett. la sc. XVI.
  2. Bett.: Oh che caro galantuomo! ci restereste ecc.
  3. Bett.: Ah, si sveglia.