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IL TEATRO COMICO 83

Eugenio. Possiamo andare dal nostro signor capo, che ci darà il caffè.

Orazio. Padroni, vengano pure.

Lelio. Una cosa voleva dirvi per ultimo, e poi ho finito.

Orazio. Dica pure.

Lelio. Il mio soggetto finiva con un sonetto; vorrei che mi diceste se sia ben fatto, o mal fatto, terminare la commedia con un sonetto.

Orazio. Dirò: i sonetti in qualche commedia stanno bene, e in qualche commedia stanno male. Anche il nostro autore alcune volte li ha usati con ragione, e alcune volte ne potea far di meno. Per esempio: nella Donna di garbo si termina la commedia in un’accademia, ed è lecito chiuderla con un sonetto. Nella Putta onorata Bettina termina con un brindisi, e lo fa in un sonetto; nella Buona moglie dice in un sonetto finale qual esser debba la moglie buona. Nella Vedova scaltra e nei Due gemelli veneziani si potevano risparmiare, e nelle altre non ha fatto sonetti al fine, perchè questi assolutamente senza una ragione non si possono e non si devono fare.

Lelio. Manco male, che ha errato anche il vostro poeta.

Orazio. Egli è uomo come gli altri, e può facilmente ingannarsi; anzi colle mie stesse orecchie l’ho sentito a dir più e più volte, che trema sempre allorchè deve produrre una nuova sua commedia su queste scene; che la commedia è un componimento difficile; che non si lusinga d’arrivare a conoscere quanto basta la perfezione della commedia, e che si contenta di aver dato uno stimolo alle persone dotte e di spirito, per rendere un giorno la riputazione al teatro italiano.

Placida. Signor Orazio, sono stanca di star in piedi; avete ancor finito di chiacchierare?

Orazio. Andiamo pure: è terminata la prova, e da quanto abbiamo avuto occasione di discorrere e di trattare in questa giornata, credo che ricavare si possa qual abbia ad essere, secondo l’idea nostra, il nostro Teatro Comico.

Fine della Commedia.