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IL BUGIARDO 391

SCENA XIII1.

Arlecchino e detti.

Arlecchino. Sior patron,2 salveve. (a Lelio

Lelio. Che c’è?

Pantalone. Dimme a mi, coss’è sta?

Arlecchino. No gh’è più tempo de dir busie. La Romana l’è vegnuda a Venezia. (a Lelio

Dottore. Chi è questa Romana?

Arlecchino. Siora Cleonice Anselmi.

Dottore. È una femmina prostituita?

Arlecchino. Via, tasi là. L’è fiola d’un dei primi mercanti de Roma.

Lelio. Non è vero, costui mentisce. Non sarà quella, sono un galantuomo. Io non dico bugie.

Ottavio. Voi galantuomo? Avete prostituito l’onor vostro, la vostra fede, con falsi giuramenti, con testimoni mendaci.3

Dottore. Via di questa casa.

Pantalone. Cussì scazzè un mio fio? (al Dottore)

Dottore. Un figlio4, che deturpa l’onorato carattere di suo padre.

Pantalone. Pur troppo disè la verità. Un fio scellerato, un fio traditor, che a forza de busie mette sottosora la casa, e me fa comparir un babbuin anca mi. Fio indegno, fio desgrazià. Va, che no te voggio più veder; vame lontan dai occhi, come te scazzo lontan dal cuor. (parte

Lelio. Scellerate bugie,5 vi abomino, vi maledico. Lingua mendace, se più ne dici, ti taglio.

Rosaura. Colombina. (chiama

  1. SC. XII nell’ed. Bett.
  2. Bett.: Sior padron, prest.
  3. Segue nell’ed. Bett.: Siete indegno di trattare colle persone onorate. L’uomo bugiardo è il più detestabile carattere che sia nel mondo, perchè occultando egli scelleratamente il vero sotto il manto della bugia, inganna, tradisce, rendesi pericoloso e molesto. Guardatevi di ritrovarvi in luoghi dove io vi vegga. Perchè, se voi colle vostre bugie tentate d’imposturare, io che amo la Verità, scoprirò in ogni luogo le vostre scellerate imposture.
  4. Pap.: Un figlio indegno.
  5. Bett. aggiunge: vi detesto.