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LE FEMMINE PUNTIGLIOSE 109

tenghiamo l’intento nostro, che importa a voi il sagrificio di cento doppie?

Florindo. Quando riesca la cosa bene, le sagrifico volentieri unicamente per compiacervi.

Rosaura. Anzi ho divisato donare al conte Lelio un orologio d’oro, per gratitudine dei buoni uffici che fa per noi.

Florindo. Ed egli l’accetta?

Rosaura. Perchè volete che lo ricusi?

Florindo. Per quel ch’io vedo, si vende la protezione, come il panno e la seta.

Rosaura. Ci siamo, bisogna starci.

Florindo. In otto giorni che siamo qui, abbiamo speso più di trecento scudi, senza veder cosa alcuna.

Rosaura. Non voglio andare in nessun luogo, senza una dama che mi conduca.

SCENA II.

Brighella e detti.

Brighella. Signori...

Rosaura. Villanaccio. (a Brighella con isdegno, girandogli un fazzoletto in faccia)

Brighella. Lustrissima...

Rosaura. Dammi quel fazzoletto.

Brighella. Lustrissima sì. Gh’è qua l’illustrissimo sior Pantalon, che li vorria reverir.

Rosaura. Pantalone non è illustrissimo.

Brighella. La perdona, signora...

Rosaura. Asino!

Brighella. Illustrissima, la me compatissa.

Florindo. Digli che passi.

Brighella. Signor sì... Illustrissimo sì. (No me posso1 avvezzar). (parte)

  1. Bett.: No me ghe posso.