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568 ATTO SECONDO

Lelio. Vendicarmi di voi? Pensate! Ho troppo rispetto pel vostro merito.

Beatrice. Sapete che vi amo colla maggior tenerezza.

Lelio. Effetto della vostra singolar bontà.

Beatrice. Vi ho preso con tanto amore.

Lelio. Beato me, per un sì pregevole acquisto.

Beatrice. Di che vi potete dolere?

Lelio. Di nulla. Siete adorabile.

Beatrice. Conosco che parlate col fiele sulle labbra.

Lelio. Anzi son per voi tutto zucchero.

Beatrice. Voi mi farete dare nelle disperazioni.

Lelio. E voi mi farete morire.

Beatrice. Siete troppo crudele.

Lelio. Anzi sono di voi pietosissimo.

Beatrice. Dunque datemi almeno un’occhiata amorosa.

Lelio. Ecco, vi miro colla maggior tenerezza del cuore. (con caricatura)

Beatrice. Voi mi schernite.

Lelio. V’ingannate.

Beatrice. Datemi la mano.

Lelio. Ecco la destra, e con la destra il cuore.

Beatrice. Datemi...

Lelio. Che cosa, idolo mio? Comandate.

Beatrice. Vorrei...

Lelio. Disponete, arbitrate di me.

Beatrice. Le chiavi delle mie gioje.

Lelio. Quando avrete giudizio, ve le darò. (parte)

Beatrice. Poter di bacco! Mi burla, mi deride, e ho da soffrirlo? Ma! Ha trovato un segreto troppo potente per umiliarmi. Senz’abiti e senza gioje? Piuttosto senza pane, che senza simili adornamenti. Dunque che farò? È meglio umiliarsi in privato, per comparire in pubblico. Farò due carezze al marito, per andar vestita alla moda, e soffrirò anche qualche domestico dispiacere, per far figura nelle conversazioni.

Fine dell’Atto Secondo.