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546 ATTO SECONDO

SCENA II.

Pancrazio1 e detta.


Pancrazio. (Giacchè è qui sola, voglio vedere di scoprire se sia vero che ella sia incapricciata di quel pazzo di Lelio). (da sè)

Rosaura. (Ahimè! Questo vecchio mi porta la fatal nuova della mia morte). (da sè)

Pancrazio. Signora Rosaura, il tempo passa, e il Dottore, vostro zio, e Florindo, vostro cugino, fanno il diavolo contro di voi. Bisogna risolvere, bisogna che parliate chiaramente. Io non voglio liti, non voglio questa sorta di disgrazie in casa mia. Dunque spiegatemi il vostro pensiero, e ditemi se mi volete per vostro marito.

Rosaura. Ah, signor Pancrazio, voi ponete in un gran cimento il mio cuore.

Pancrazio. Orsù, basta così. Se il rispetto che avete per me, vi trattiene di dirmi apertamente che non mi volete, il vostro sospirare ed il vostro parlare interrotto mi fanno bastantemente conoscere la vostra volontà. Per forza non vi voglio. Ne son così pazzo di pormi una serpe in seno. Vi lascio nella vostra libertà. Soddisfate il vostro genio, che avete ragione. Ma domattina apparecchiatevi di andar fuori della mia casa.

Rosaura. Oh Dio! voi mi avete trafitto il seno. Perchè uscir devo di casa vostra? Perchè mi discacciate sì crudelmente da voi?

Pancrazio. Perchè non voglio litigare con i vostri parenti.

Rosaura. Non siete voi il mio tutore?

Pancrazio. Figliuola mia, non vi voglio far la guardia: o marito, o niente.

Rosaura. (Sempre più si peggiora il mio stato). (da sè)

Pancrazio. Potete mettere insieme la vostra roba. Io anderò ad avvisare il Dottore, che venga a prendervi.

Rosaura. Non sarà mai vero ch’io parta viva di casa vostra.

Pancrazio. O che in casa mia v’è forse qualche segreta calamita, che tira il vostro cuore?

  1. Vedasi Appendice.