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LA FAMIGLIA DELL'ANTIQUARIO 339

Giacinto. Orsù, vedo che non posso sperar niente, e converrà pensare al rimedio.

Dottore. Se foste un uomo, a quest’ora ci avreste pensato. Ma, compatitemi, siete ancora ragazzo.

Giacinto. Io? Perchè?

Doralice. Perchè se toste un uomo di senno, non avreste permesso che vostro padre e vostra madre consumassero miseramente ventimila scudi, senza nemmeno fare un abito alla vostra moglie.

Giacinto. A proposito, l’abito mi ha detto mia madre che si farà...

Doralice. Non ho bisogno di lei. Lo farò senza di lei; questi sono denari, e or ora verrà il mercante. (gli fa vedere una borsa)

Giacinto. Chi ve li ha dati?1

Dottore.2 Mio padre mi ha regalato cinquanta zecchini e questo orologio.

Giacinto. Ho rossore che vostro padre abbia ad incomodarsi per voi. Ma gli sono obbligato e voglio andare io medesimo a ringraziarlo.

Doralice. Fatemi un piacere, mandatemi Colombina.

Giacinto. Non vorrà venire.

Doralice. Mandatela con qualche pretesto3; mi preme di parlarle.

Giacinto. Per amor del cielo, non fate peggio.

Doralice. Non dubitate.

Giacinto. Avrei piacere che vedeste mia madre.

Doralice. Se mi vuol vedere, questa è la mia camera.

Giacinto. Non so che dire, vi vuol pazienza. (parte)

  1. Bett., Pap. ecc.: Chi ve li ha dati, Doralice? chi ve li ha dati?
  2. Così le edd. Bett., Pap. ecc.: «Mio padre me li ha regalati. Giac. Sono molti? Dor. Sono cinquanta zecchini. Giac. E li spenderete tutti per voi? Dor. Per farvi vedere ch’io vi voglio bene, tenete quest’orologio; ve lo darò. Giac. Chi ve l’ha dato? Dor. Mio padre. Giac. Cara Doralice, vi ringrazio. Dor. Siete Il mio caro marito. Giac. Addio, vado in piazza, e or ora torno. Dor. Fatemi un piacere ecc.»
  3. Bett., Pap. ecc. aggiungono: Non le dite ch’io sia in questa camera; mi preme ecc.